Da “Il libro dell’Inquietudine” [37]

Se qualcuno volesse redigere un campionario di mostri non dovrebbe far altro che fotografare con parole quelle cose che la notte porta agli animi assopiti che non riescono a prendere sonno. Queste cose posseggono tutta l’incoerenza del sogno senza l’incognito alibi dello stare dormendo. Si librano come pipistrelli sulla passività dell’anima o vampiri che succhiano il sangue della sottomissione. Sono larve del precipizio e della dissipazione; ombre che riempiono la valle, le orme che restano del destino. A volte sono vermi che provocano nausea alla stessa coscienza che li culla e che li crea; altre volte sono spettri, e sinistramente rondano il nulla; altre volte ancora emergono come serpi dalle assurde caverne delle emozioni perdute. Zavorra del falso, non servono ad altro che non a farci essere inutili. Sono dubbi dell’abisso che appiattiti nell’animo trascinano pieghe sonnolente e fredde. Hanno durata di fumo, passaggio di orme; e altro non c’è se non l’essere esistiti nella sterile sostanza della consapevolezza che abbiamo avuto di essi. Alcuni sono come l’elemento recondito di un fuoco d’artificio: s’incendia un attimo fra i sogni; e il resto è l’inconsapevolezza della consapevolezza con cui lo abbiamo visto.

Fiocco sciolto, l’anima non esiste in se stessa. I grandi paesaggi sono per il domani, e noi abbiamo già vissuto. La conversazione interrotta è fallita. Chi lo avrebbe mai detto che la vita sarebbe stata così ?

Mi perdo se mi incontro, dubito se trovo, non possiedo se ho ottenuto. Come se passeggiassi, dormo, ma sono sveglio. Come se dormissi, mi sveglio, e non mi appartengo. In fondo la vita in se stessa è una grande insonnia e c’è un lucido risveglio brusco in tutto quello che pensiamo e facciamo.

Sarei felice se potessi dormire. E’ una opinione di ora, perché non dormo. La notte è un peso immenso dietro al soffocamento della coperta muta di ciò che sogno. Ho una indigestione nell’animo.

Sempre, dopo il dopo, verrà il giorno, ma sarà tardi, come sempre. Tutto dorme ed è felice, ma non io. Riposo un poco senza osare dormire. E grandi teste di mostri inesistenti emergono confuse dal fondo di chi io sono: draghi dell’Oriente dell’abisso, con lingue di un rosso illogico, con occhi che guardano senza vita la mia vita morta che non li guarda.

Il coperchio, per l’amore del cielo, il coperchio ! Mi completino l’incoscienza e la vita ! Per fortuna, dalla finestra fredda con le imposte aperte, un triste filo di luce pallida comincia a spezzare l’ombra dall’orizzonte. Per fortuna, ciò che sta per nascere è il giorno. E mi acquieto quasi della stanchezza dell’inquietudine. Un gallo canta, assurdo, in piena città. Il giorno livido comincia nel mio vago sonno. Una volta dormirò. Un rumore di ruote è una carrozza. Le mie palpebre dormono, ma io non dormo. Tutto, finalmente, è il Destino.
  

Le ombre del Destino
sono dubbi freddi
sospesi nell’animo.

E come fumo di fuochi d’artificio
compaiono per un attimo tra i sogni,
lasciandoci solo la mera inconsapevolezza

della consapevolezza che li abbiamo posseduti.



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