Da “Il libro dell’Inquietudine” [128]
Il tramonto si diffonde sulle nuvole disseminate lungo l’intero orizzonte. Riflessi di ogni colore, riflessi soavi, riempiono i contrasti dell’aria alta, galleggiano assenti nelle grandi inquietudini dell’altezza. Sopra i tetti aguzzi, per metà illuminati e per metà in ombra, gli ultimi raggi lenti del sole declinante assumono colori che non appartengono al colore né alle cose che colorano. Scende una grande quiete sulla superfice rumorosa della città che sta scivolando nel silenzio. Oltre il rumore ed il colore, tutto respira con un sorso profondo e muto.
Sulle case colorate che il sole non tocca, i colori cominciano ad acquisire toni di grigio. C'è del freddo nelle diversità di quei colori. Una piccola inquietudine dorme nelle false vallate delle strade. Dorme e riposa. E a poco a poco, sopra le nuvole più basse, i riflessi cominciano a farsi ombra; soltanto su quella piccola nuvola, che plana come un’aquila candida sopra ogni cosa, il sole conserva, da lontano, il suo oro sorridente.
Tutto quanto ho cercato nella vita, io stesso l'ho lasciato proprio perché lo cercavo. Sono come qualcuno che cerchi distrattamente ciò che, in sogno, cercando, abbia già dimenticato. Più reale della cosa assente cercata, è il gesto presente delle mani visibili che cercano, frugando, spostando, ordinando; mani che esistano bianche e lunghe, ciascuna con cinque dita, esattamente. Tutto quello che ho avuto è come questo cielo alto e diversamente medesimo, brandelli di nulla toccati da una luce distante, frammenti di falsa vita che la morte indora da lontano, con il suo sorriso triste di verità totale. Tutto quello che ho avuto, sì, è stato il non aver saputo cercare: signore feudale di paludi notturne, principe deserto di una città di tumuli vuoti.
Tutto quanto sono, o quanto sono stato, quanto penso di ciò che sono o sono stato: tutto perde all'improvviso, in questi miei pensieri e nella subitanea mancanza della luce della nuvola alta, il segreto, la verità, forse la ventura che potrebbero esserci in un qualcosa che sta sotto la vita. Tutto questo, come un sole che manca, è ciò che mi resta; e sui tetti alti, diversamente, la luce lascia scivolare le sue mani di cascata ed emerge allo scoperto, nell'uniformità dei tetti, l'ombra intima di ogni cosa.
Come una vaga goccia tremolante, biancheggia in lontananza la prima piccola stella.
Della mia vita posseggo
solo brandelli di nulla,
toccati da una luce distante.
Frammenti di inquietudine
che si svegliano quando
sono toccati dal sorriso
triste della morte.
.
Tutto ciò che abbiamo
è forse il risultato di ciò
che non abbiamo saputo trovare ?
Mi accorgo di qualcosa
che ho sotto la vita,
quando appari qual prima stella,
goccia bianca e tremolante,
nel mio cielo.
Commenti
Posta un commento