Da “Il libro dell’Inquietudine” [4]

Senza nulla di più di ciò che un sorriso rappresenta per l’anima, così, con serenità, considero il chiudersi continuo della mia vita in questa Rua dos Douradores, in questa stanza, nell’ambiente di queste persone. Avere ciò che basta al mio sostegno, un tetto, quel poco spazio nel tempo di libertà per il sogno; scrivere, dormire: cosa altro potrei chiedere agli Dei o voler dal Destino ?
Ho avuto grandi ambizioni e sogni turgidi – ma i sogni li hanno avuti anche il garzone e la sartina, perché tutti sognano. Quello che distingue le persone l’une dalle altre è la forza di farcela, o di lasciare che sia il destino a farla a noi.
Nei miei sogni sono uguale alla sarta e al garzone. Sono diverso da loro solo perché scrivo. Sì, la scrittura è un atto, una mia realtà che mi contraddistingue. Ma nell’anima sono simile ad essi.
So perfettamente che esistono isole del Sud e grandi passioni cosmopolite e […]. Sono sicuro che se tenessi il mondo in pugno lo scambierei per Rua dos Douradores.
Forse la mia sorte è di essere un contabile in eterno; e la poesia o la letteratura una farfalla che posandosi sulla mia testa mi rende tanto più ridicolo quanto maggiore è la sua bellezza.
Avrò nostalgia di Moreira. Ma cosa è la nostalgia in confronto alle vertigini dell’ascensione ?
So perfettamente che il giorno in cui diventerò contabile dell’impresa Vasques & C. sarà uno dei grandi giorni della mia vita. Me ne rendo conto con una previsione amara e ironica, e con il privilegio intellettuale della certezza.


Cosa altro potrei chiedere al destino
se non il tuo sorriso,
per avere ciò che basta al mio sogno
ed al mio sostegno,
al mio scrivere
ed al mio vivere.

Ed infine
al mio prossimo morire.

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